Le donne in filosofia sono sempre state presenti nel corso della storia ma poche sono state riconosciute come filosofe e pochissime sono menzionate come autrici di opere filosofiche nel canone Occidentale[1][2].
Nella filosofia antica in Occidente, mentre la filosofia accademica era un dominio tipicamente maschile (su tutti Platone e Aristotele), sono state attive durante questo periodo pensatrici donne quali Ipparchia (attiva circa nel 325 a.C.), Arete di Cirene (V-IV secolo a.C.) e Aspasia di Mileto (470-400 a.C.). Una donna notevole della filosofia tardo-antica è stata Ipazia, vissuta nel V secolo.
Tra le donne dedite alla filosofia nel Medioevo si annoverano principalmente la badessa Eloisa, e la monaca Ildegarda di Bingen, che tradusse in concetti teologico-cosmologici le sue visioni mistiche, esprimendosi con competenza anche su materie che spaziavano dalla scienze naturali alla medicina, dalla linguistica alla letteratura, dal diritto alla politica.[3]
Tra le esponenti più notevoli della filosofia moderna vi sono Mary Wollstonecraft (1759-97) e Margaret Fuller (1810-50). Donne influenti della filosofia contemporanea comprendono Edith Stein (1891-1942), Susanne Langer (1895-1985), Hannah Arendt (1906-75), Simone de Beauvoir (1908-86), Simone Weil (1909-1943), Mary Midgley (1919-2018), Mary Warnock (nata nel 1924), Julia Kristeva (nata nel 1941), Patricia Churchland (nata nel 1943) e Susan Haack (nata nel 1945).
Nei primi anni del XIX secolo alcuni college ed università del Regno Unito e degli Stati Uniti d'America hanno incominciato ad ammettere anche le donne, dando così vita a nuove generazioni di studiosi di sesso femminile. Tuttavia il rapporto del Dipartimento dell'Istruzione degli Stati Uniti d'America indica che a partire dal 1990 in poi proprio la filosofia è uno dei campi delle scienze umane meno proporzionato in relazione al genere[4]. Le donne vengono a costituire meno del 17% degli iscritti alle facoltà di filosofia secondo alcuni studi[5].
Nel 2014 "Inside Higher Ed" ha descritto la filosofia come "la lunga storia della misoginia e della molestia sessuale di studentesse e professoresse"[6]. Jennifer Saul, insegnante di filosofia del linguaggio all'Università di Sheffield, ha affermato nel 2015 che le donne vengono "costrette a lasciare lo studio della filosofia dopo essere state ripetutamente molestate, assalite o sottoposte a ritorsioni"[7]. Già nei primi anni novanta l'associazione canadese di filosofia (ACPA) ha avvertito che effettivamente esiste uno squilibrio di genere e una polarizzazione di genere nel campo accademico filosofico[8].
Nel giugno 2013 un professore statunitense di sociologia ha dichiarato che su tutti i contributi e citazioni presenti nelle quattro più prestigiose riviste del paese, solo il 3,6% del totale era di mano femminile, mentre i redattori della Stanford Encyclopedia of Philosophy hanno sollevato preoccupazioni circa la sotto-rappresentazione delle filosofe e hanno sostenuto di avere bisogno di redattrici e scrittrici per garantire la rappresentazione dei contributi femminili[8].
Secondo Eugene Sun Park i filosofi sono prevalentemente di razza bianca e di sesso maschile, questa omogeneità esiste in quasi tutti gli aspetti e a tutti i livelli della disciplina[2]. Susan Price sostiene che la filosofia accademica rimane una disciplina dominata dai maschi bianchi, il che si uniforma ancora al mito che il "genio" è correlato al genere[9]. Secondo Jennifer Saul la filosofia, in quanto la più antica tra le scienze umane, è anche la più bianca e rimane in realtà appannaggio prevalente del sesso maschile (così come anche la matematica, seppur in misura minore), laddove invece altre aree sono più a zona di parità di genere[10].